ROBERTO GAIOLA - residente a Vicenza

ROBERTO GAIOLA (25 anni)
Roberto era stato molte volte sfiorato dalla morte per droga. Aveva cominciato a bucarsi cinque anni fa, ma da tre aveva smesso. Quel periodo nero della sua esistenza sembrava definitivamente superato: un incubo da dimenticare, una trappola nella quale non ricadere. Si curava da tre anni a Bologna, all'ospedale Maggiore, dove almeno due volte alla settimana si recava a prendere dosi di metadone.
Anche il sabato della bomba era andato a rifornirsi di questo più blando succedaneo delle droghe pesanti; era in stazione per prendere un treno che l'avrebbe ricondotto a casa, quando è esploso il finimondo.

La famiglia di Roberto abitava a Vicenza ove la mamma, Nelda Marsani, si è coperta di debiti per aiutare il figlio a curarsi. Nella camera che Roberto divideva con la sorella Manuela sono rimasti i suoi posters, i suoi libri, i suoi dischi.
La signora Nelda ha perso il marito sei mesi prima ed ora si trova ad affrontare, assolutamente impreparata, questa nuova disgrazia. "Non son capace di darmi pace - dice - non mi sembra ancora che Roberto sia morto".
"Fino ai diciotto anni - racconta Nelda - era sempre stato con noi; veniva con la famiglia a passare qualche settimana a Iesolo. Ma un'estate se ne è andato con gli amici in Olanda, e da allora non è più stato lo stesso". "Come tanti altri giovani della sua età, forse soltanto troppo sensibili e troppo deboli - aggiunge Antonio - soffriva del tipo di vita che era costretto a condurre, del pesante lavoro in fabbrica, di non aver l'opportunità di realizzarsi in un modo più fantasioso".

Roberto aveva solo il diploma di scuola elementare. A undici anni era già a lavorare in fabbrica. Si era voluto iscrivere alle medie, ma poi non le aveva mai frequentate. Un disadattato, molto tempo prima di arrivare alla droga. Negli ultimi tempi si era particolarmente chiuso in se stesso, perché aveva paura che quanti gli stavano attorno non capissero cosa gli era successo, e non dimenticassero. Cercava di conoscere la sua generazione: leggeva molti libri sui giovani, di carattere sociologico. Un impegno difficile per chi non ha studiato. Parlava del "buco" come di un fatto odioso, ripugnante e cercava di aiutare gli altri a non caderci.

Aveva avuto per tre volte l'epatite virale, in forma grave, ma è stato ucciso da una bomba.



Cit. - Vittoria Calabri