<< PART QUINTA

INDICE

BIBLIOGRAFIA >>


PARTE SESTA


Spoliticizzare la guerra

 Intervento del 4 maggio dell' avvocato ADRIANO MAGI BRASCHI

 Quanto è stato detto sinora, in particolare dall'ano Ivan Matteo Lombardo, ha praticamente messo a punto il tema. Tuttavia vorrei fare una breve precisazione. In qualità di tecnico della guerra non-ortodossa (vi specifico guerra non ortodossa per riportare la discussione sul piano tecnico, perché altrimenti la discussione si politicizzerebbe), da sette anni a questa parte io ho avuto il piacere di incontrare l'on. Lombardo nelle più diverse parti del mondo: in congressi, incontri, in convegni che avevanO per tema, sempre, la guerra del comunismo e posso far fede che l'on. Lombardo è sempre stato su posizioni anti-comuniste decise, dichiarate, convinte. È stato sempre un interprete acuto ed autorevole di queste posizioni. Egli fu l'organizzatore (ed è bene ricordarlo), del primo convegno che si è tenuto in Italia sulla guerra politica dei sovietici. Bisogna ricordare che l'on. Lombardo è un socialdemocratico. Né dobbiamo dimenticare che il maggior teorico della g.r., l'inventore, direi, della g.r. -è stato Lenin. Ebbene io rimando lor signori a ciò che Lenin ha sempre detto dei socialdemocratici, cioè alla considerazione nella quale i comunisti hanno sempre tenuto i socialdemocratici. Prima dei liberali, contro i liberali, oltre i cosiddetti reazionari di destra, i primi nemici dei comunisti sono, per dichiarazione stessa dei comunisti, i socialdemocratici, definiti sprezzantemente social-traditori. Dico ciò perché l'on. Lombardo merita da parte degli studiosi del fenomeno questo riconoscimento aperto, sincero, completo.    .

Il primo congresso si tenne in Italia (se non erro nella data) nel 1961. Era stato indetto dalla Lega della Libertà, ad esso aderirono vari movimenti politici e di cultura italiani. Per la prima volta il problema fu presentato all'opinione pubblica italiana Dunque, fu un atto di coraggio. Noi che da otto anni c'interessiamo a questo problema, ponemmo attenzione, soprattutto, a ciò che avrebbe detto il P.C.I., ma il P.C.I. non reagì in alcun modo. Eppure, in quel convegno furono pronunciate parole di fuoco nei riguardi della sua condotta. Non reagì, o reagì pochissimo. Allora, e vengo al nocciolo e mi riallaccio a quello che ha detto l'on. Lombardo, noi continuando a parlare ed a studiare ed a scrivere sulla g.r. finiamo con il fare un favore al P.C.I. in particolare, ed al comunismo mondiale in generale. Noi abbiamo rispolverato scritti di Lenin che nessuno conosceva, li abbiamo chiosati, analizzati, illustrati; abbiamo dato un sistema a forme di lotta che potevano essere forme eterogenee. In definitiva, noi abbiamo fatto un lavoro molto proficuo per il P.C., per il movimento comunista. E allora, voi dite, allora parlare di g.r. è sbagliato? No, è sbagliato parlare di g.r., definirla in questo modo, come ha accennato Mieli, come ha accennato l'on. Lombardo. Perché in questa maniera non ci poniamo sul piano psicologico dei comunisti. Noi non dobbiamo più parlare di g.r. (e questo lo dico alla presidenza, lo dico soprattutto al gruppo di studio dei giovani) noi non dobbiamo parlare di g.r.

La g,r. è un fenomeno antico che si è vestito di contorni e di sostanza nuovi. La guerra è un fenomeno strettamente legato alla società (qui ritorno sul piano tecnico, per spoliticizzare completamente la questione). Nella guerra l'uomo si riumanizza, l'uomo cerca nella guerra di ritrovare sentimenti profondi che lo fanno tale. È nella pace che l'uomo esalta i suoi più deteriori aspetti, non nella guerra, anche se la guerra pone in evidenza forme deteriori di esistenza umana; nella guerra l'uomo ritrova la fratellanza, la pietà, il sentimento dell'umanità. E l'uomo non può fare a meno della guerra, Per questo, chi parla di pacifismo parla di cosa astratta e inconcludente, La guerra è connaturata alla natura umana, E come tale il fenomeno è connaturato alla società e con le modifiche della società, il fenomeno acquisisce modifiche profonde, Ora voi fareste torto ai grandi capitani del Rinascimento se pensaste che essi non ritenessero efficace il colpire l'avversario sulle basi di partenza, il distruggere a distanza le sue strutture 10 logistiche; fareste torto a questi uomini che furono i 'principi della guerra. Se non lo fecero, è perché non potevano farlo. Appena la scienza ha messo a disposizione dell'uomo e della società questi mezzi, immediatamente i mezzi sono stati impiegati, e l'uomo, colpendo a distanza le infrastrutture logistiche dcl1'avversario, ha tentato di metterlo in grado di non nuocere prima che egli dalle basi di partenza, attaccasse le sue posizioni.

La scienza ha messo a disposizione della società dei mezzi che consentono di fiaccare l'avversario prima ancora che egli tenti ,una reazione (ed ecco l'aspetto della guerra ed il volto della guerra che si modifica profondamente). Ed ecco ciò che ci indusse (e l'on. Lombardo vi ha accennato) a considerare la nuova forma di guerra come guerra psicologica ed a tradurre od a chiosare ed ampliare la dichiarazione del Douet che diceva che la guerra doveva essere combattuta facendo massa nel cielo e resistendo in terra ed in mare; ma con un'aggiunta, cioè, che la guerra va combattuta facendo massa nello spirito, resistendo in terra, in mare, in cielo. Però, ora, a mio parere, noi dobbiamo andare oltre la g,r. Noi dobbiamo individuare nella società attuale gli aspetti particolari che determineranno il volto e la fisionomia della guerra futura, o che determinano il volto e la fisionomia della guerra in atto. Di questi aspetti particolari si è servito un determinato partito politico, per politicizzare ad arte la guerra; ma non è quello, a mio parere, il solo volto della guerra. lo ho sentito dire che dobbiamo assolutamente trovare un'idea, che dobbiamo corazzare i combattenti della guerra futura o di questa guerra, se si vuole accettare l'ipotesi che sia già in atto. Esiste già: esiste il fronte delle due guerre. Un profugo di Budapest al quale sentii chiedere se difendeva la sua patria, rispose: «ma la mia patria ormai è dove c'è la libertà », Ecco, esiste già una patria, una patria di tutti,: una patria che va difesa. Esiste un'idea: è quella della libertà. È l'idea della libertà che, in definitiva, si concreta nel messaggio del Cristo. In antitesi con l'uomo che si deve adeguare a schemi che gli, vengono suggeriti dall'alto, esiste l'uomo che ha la libertà di creare la sua personalità, di vivificarla e di portarla innanzi nel;tempo;i e di trasferirla ai suoi figli. Ecco le due patrie. Queste sono le due patrie per le quali si combatte. Malgrado tutto noi viviamo in una società fortemente spiritualizzata; perché questa società, che apparentemente, sembra meccanica, cerca invece affannosamente, sopratutto da parte dei giovani, le vie dello spirito, per ripercorrerle e non abbandonarle più. In una società fortemente spiritualizzata, ovviamente, il fenomeno, cui la scienza ha fornito mezzi di pressione psicologica che prima non erano disponibili, il fenomeno della guerra ha mutato volto, ad analizzarlo, a vedere come ci si potrà opporre all'aggressione. Ovviamente l''azione psicologica è importante, non è determinante. Determinante è l'azione militare, lo si sa l'hanno detto tutti. E' l'azione militare. Ma non è soltanto dei militari. E stato detto da Beltrametti. La guerra non è più soltanto militare E' anche militare, in ultima analisi; ma è economica, è sociale, è religiosa, è ideologica. Se la prima guerra mondiale si ricavò la necessità di avere comandi composti delle tre armi vale a dire Stati Maggiori che ragionassero in funzione tridimensionale; se dalla seconda guerra mondiale sono usciti gli Stati maggiori integrati, cioè Stati maggiori che comprendono personale di più nazioni; questa guerra vuole gli Stati maggiori allargati, gli Stati maggiori che comprendano, civili e militari contemporaneamente, Vuole ordinamenti nuovi, vuole unità nuove. Si tratta di vedere quali sono questi ordinamenti e quali sono queste unità. Non fermiamoci solamente ed esclusivamente al fenomeno della g.r., È solamente ed esclusivamente un momento della nuova guerra, lo non credo interamente, perché conosco gli arabi, per aver avuto con loro molti contatti, che Ben Bella sia comunista, Egli ha usato i metodi della nuova guerra, per combattere la sua guerra, Che questi metodi assomiglino il quelli del Vietnam, che qualsiasi movimento politico che voglia impossessarsi del potere possa usare questi metodi, non vuoI dire: è la nuova guerra; studiate questa nuova guerra. Dicendo questo io rendo un servizio agli amici che scontano nel forte di Fresnes una lunga pena per aver commesso questo errore, cioè di aver creduto che la sola forma di guerra che attendesse il mondo fosse la g.r. Eppure erano persone intelligentissime e capacissime, erano il fior fiore degli ufficiali dell'Armée. Oggi loro scontano un errore che è stato fatale a loro ed a noi. E' stato fatale anche a noi, perché quando questi uomini usciranno dal forte di Fresnes, non saranno più quelli che vi entrarono, Non saranno più loro. Il confino, la galera, il campo di concentramento lasciano segni profondi nella personalità umana, La restrizione della libertà uccide parte dell'uomo, e l'uomo che riacquista la libertà dopo averla perduta, non è più quello di prima. Noi stessi, e l'intervento di Pisanò lo dimostra, noi stessi portiamo ancora nelle carni e nello spirito ricordi cocenti che non ci consentono di essere obbiettivi, che non ci consentono sempre di essere obbiettivi. Perciò temo che le vecchie generazioni non troveranno una risposta adeguata alla nuova guerra, Ma le nuove generazioni sono già al davanzale della storia e sono quelle cui appartengono i nostri amici del gruppo di studio. Ieri uno di loro ha parlato di patrioti europei; patrioti della libertà europea: è una novità, lo spero che questi patrioti, questi uomini che non hanno come noi un passato che scotta, possano tranquillamente, senza remore di sorta, combattere la nuova guerra nel nome dell'unico sostantivo che crea e indica le patrie di tutti: la libertà.

Sguardo riassuntivo

Intervento del dottore  

EGGARDO BELTRAMETTI

Il compito che mi è stato affidato dalla presidenza, anche a nome degli altri relatori, di riassumere i lavori "del Convegno mi lascia in un grave imbarazzo. Vi è infatti una difficoltà fondamentale. Raccogliere il succo della materia vasta qui trattata e tradurla in poche parole, specialmente per un uditorio così qualificato, si rischia sempre di essere imprecisi; di dimenticare qualcosa o di appiattire certe idee di particolare rilevo ed efficacia. Comunque, farò qualche chiosa, qualche commento e qualche divagazione, ma cercherò di essere molto sintetico. Anche l'ora è tarda.

Dirò subito che il risultato è stato positivo. Il Convegno ha avuto un suo successo non soltanto per le cose che sono state dette, per l'alto livello intellettuale degli interventi, ma per l'atmosfera che si è creata tra tutti noi che vi abbiamo partecipato. Il Convegno è riuscito infatti a conservare il suo carattere ed a mantenersi entro quel binario che era nei propositi e che il Presidente ha illustrato ieri al momento dell'apertura dei lavori. È stato un Convegno il quale:per la natura stessa dell'argomento, da un lato ha preso in esame il problema politico e dall'altro ha preso in esame il problema della guerra. La difficoltà stava proprio di non dirottare dal tema e di evitare sia di politicizzarlo sia di entrare nel campo professionale proprio dei militari. Una delle questioni che ha attratto l'attenzione e che è stata posta in primo piano dall'on. Ivan Matteo Lombardo, è quella della semantica cioè della necessità di trovare un nostro linguaggio per definire ed indicare la nostra posizione critica di fronte alla guerra rivoluzionaria. Infatti se noi adottiamo la semantica della guerra rIvoluzionaria non soltanto possiamo creare degli equivoci, ma corriamo anche il rischio di adottare il punto di vista e le distorsioni di linguaggio che sono proprie della guerra rivoluzionaria. Comunque, essendo il carattere di questo Convegno essenzialmente propedeutico si è fatto un passo avanti nell'additare l'importanza della semantica e di aver fatta una netta distinzione tra i_nostri concetti e quelli degli agenti della guerra rivoluzionaria.

Come, a mio avviso, riveste una certa importanza per la prima volta in un ambiente esclusivamente italiano e ad un livello altamente qualificato, non soltanto si siano trattati questi argomenti, ma sia anche scaturito un proposito di continuità, da proseguire questo colloquio tra noi ed eventualmente estenderlo ed al momento opportuno tradurlo in forme di collaborazione sempre più ampie e sempre più impegnative. Vicino a noi vi è una zona neutra o quasi neutra che bisogna avvicinare ed alla quale bisogna proporre nelle forme più opportune gli stessi temi che noi qui abbiamo trattato, per far opera di convinzione ed anche per gettare l'allarme sul pericolo che corre la nostra società e la nostra civiltà. Forse. se per gradi noi riusciamo a svolgere quest'azione in vista di più vasti consensi ed a dimostrare l'urgenza di difendere attivamente la libertà e di respingere il comunismo, possiamo sperare altresì di penetrare fra coloro i quali sono agenti: più o meno coscienti della guerra rivoluzionaria in quanto, nel momento attuale, è più vantaggioso essere compagno di strada dei comunisti che essere schierati decisamente dalla parte della libertà.

Vorrei dire ora poche parole sugli interventi che si sono susseguiti nel corso dei lavori. Vi chiedo scusa se non li esaminerò uno ad uno benché ciascuno, nessuno escluso, abbia portato un contributo sostanziale e di alto livello culturale. Incomincerò da coloro che hanno proposto qualche soluzione positiva, cioè hanno avanzato una bozza di risposta alla g.r. Tra essi annovero gli interventi di Ragno, Angeli, Mieli e Rauti. Questi interventi, in altre parole, hanno posto alcune basi per vincere l'aggressione permanente. Infatti in essi ci sono suggerimenti pratici; è stato detto chiaramente che cosa si può fare. In particolare l'intervento di Angeli ci ha indicato che cosa si può fare nel campo della stampa invitandoci implicitamente a cominciare subito. Rauti, dal canto suo, è stato molto positivo, perché ha tradotto in termini politici chiari la situazione italiana onde scoprire quali sono le strade per combattere la volontà di potere dei comunisti italiani. Ovviamente Rauti non aveva il proposito di risolvere completamente il problema, però ha indicato delle strade ed ha indicato la posizione da assumere per studiare il fenomeno onde non respingerlo ciecamente in blocco, ma per approfondirne la conoscenza e per trovare i rimedi. Secondo me questo modo di porsi il problema è già una risposta concreta.

Analoghe considerazioni si possono fare circa intervento di Mieli quando egli afferma che è un errore non considerare il caso per caso, chiudere gli occhi sulle contraddizioni del ,comunismo senza tentare di approfittarne e magari tollerare atteggiamenti che vengono da ambienti che si dichiarano non comunisti, ma che svolgono attività che servono al comunismo.

Gli interventi di Pisanò, di Dall'Ongaro, di Torchia e di Ragno sono delle testimonianze dirette di come si manifesta la guerra rivoluzionaria in campo pratico, Ragno ha posto in evidenza come a Berlino, che è una zona calda, si siano formati gruppi di combattimento, dimostrando che il mondo comunista non è impermeabile come si crede se si raccolgono persone decise a violarlo, Sia pure sotto la forma di un'avventura ideale, i « patrioti europei », come li ha definiti Ragno, sono riusciti a penetrare nella prigione di Berlino est per liberare dei cittadini e nulla esclude che simili formazioni di carattere spontaneo non possano anche manifestarsi in Italia per combattere sul terreno della propaganda e dell'infiltrazione il P.C.I.

Inoltre queste quattro testimonianze hanno nel complesso anche sottolineato che la guerra che ci propone il nemico si presenta in modo diverso e si adatta alle circostanze, all'ambiente. Di conseguenza tali testimonianze mettono anche in luce che il problema posto dalla g,r, in Italia è diverso da quello che si propone altrove e che pertanto occorre trovare i metodi e gli strumenti adatti al nostro ambiente, Pisanò, in certo senso, è andato anche oltre nelle sue conclusioni, proponendo la formazione di gruppi disposti ad affrontare la guerriglia. Secondo noi il problema della g,r, in Italia si pone in modo tale per cui non bastano alcuni piccoli gruppi per combattere un'ipotetica guerriglia.,contro un apparato il quale, come ci ha detto Rauti, usa mezzi formalmente legali mentre, semmai, toccherebbe alle forze dello Stato; agire contro una manifesta aggressione caratterizzata. È vero che in questo momento lo Stato è inadeguato a far fronte al pericolo comunista in tutte le sue attuali manifestazioni ed in tutte quelle ancora più gravi che si potrebbero verificare, ma è anche vero che in fondo dipende molto da noi, ed intendo per noi tutti gli anti-comunisti coscienti e militanti, di fare qualcosa perché non si arrivi ad una crisi di vaste proporzioni, vale a dire proponendoci di preparare e di produrre un'atmosfera contro-rivoluzionaria, In altre parole bisogna fare qualcosa prima, sia per evitare la crisi, sia per affrontare. la crisi nel caso che essa si verifichi. In questo senso anche l'organismo militare deve, come in parte fa, adeguarsi alla realtà ed in questo quadro noi abbiamo avanzato una modesta proposta di aggiornamento dell'apparato militare in modo che sia in condizioni di occupare la quarta dimensione della difesa, Voglio dire che il concetto di difesa va allargato ed in questo allargamento i militari possono svolgere il loro compito naturale e specifico di proteggere non soltanto il territorio, ma la società, l'uomo, Attraverso questa nuova visione della difesa, si produrrebbe anche una netta distinzione tra coloro che vogliono difendere lo Stato e tra coloro, che lo vogliono sovvertire; il che porterebbe ad un'altra conseguenza, cioè di rendere praticamente possibile il suggerimento avanzato da Mieli, di poter svolgere una proficua opera per far capire ,ai comunisti da che. parte sta la ragione e da che parte sta' il torto, Oggi, la penetrazione comunista in Italia è così avanzata, il sistema di controllo dell'apparato comunista sui comunisti e sui suoi simpatizzanti è così efficiente, che è molto difficile penetrare dentro il mondo comunista, D'altra parte coloro che non sono comunisti hanno una reale ripugnanza a mettersi in contatto con i. comunisti e questa ripugnanza ha molte ragioni, ma la principale credo che stia nella nausea che desta un colloquio con i comunisti, con i comunisti di tutto il mondo, perché le risposte dei comunisti ai nostri interrogativi sono sempre le stesse sino alla noia"

Vi è un altro aspetto dei lavori di questo nostro I Convegno, vi è un altro problema che è nato in questo clima d'intesa spirituale che non può essere taciuto; si è registrata una specie di attesa od una tacita sollecitazione da parte di molti per puntualizzare la funzione delle Forze armate nel quadro degli argomenti che noi abbiamo trattati. Voglio dire in modo completamente chiaro il mio parere, che le Forze armate salva sempre la legittimità delle loro azioni, perché noi tutti siamo unanimi nel non desiderare che le Forze armate della Repubblica italiana assumano il volto che hanno le forze armate in certe repubbliche del Sud America possono sì rappresentare un gruppo di pressione al livello che le è proprio e attraverso le loro normali gerarchie e sul piano tecnico possono prendere determinate decisioni; ma a tutto ciò deve corrispondere nella Nazione un'opinione pubblica avvertita e consapevole od una forza politica rilevante da cui trarre ispirazione. Però, è anche chiaro, che se esistesse questa larga opinione pubblica favorevole a determinate soluzioni democratiche, se vi fosse una forza politica concreta capace di assumersi le proprie responsabilità, nessuno penserebbe alle Forze armate, perché il panorama politico sarebbe completamente diverso, il governo sarebbe l'espressione di una reale manifestazione nazionale non condizionata dai comunisti e noi, non ci troveremo, come ora ci troviamo, di fronte al problema dell'avanzata del comunismo, contro cui la situazione politica attuale è del tutto indifesa.

Comunque sia ben chiaro che il compito di questo I Convegno non va in questa direzione, questo Convegno non intende dare lezioni ai militari, né si propone di promuovere la formazione di un partito o di qualcosa che gli assomigli; il Convegno vuole studiare la situazione e proporre delle soluzioni. Se questa nostra assemblea è stata onorata da osservatori militari, noi abbiamo la presunzione di credere che questi nostri pareri espressi in tutti gli interventi meritano di essere sentiti, appunto perché cerchiamo di analizzare le cause e le conseguenze della situazione in cui si trova il mondo per effetto della g.r. e le cause e le conseguenze dei riflessi che la g.r. ha in Italia.

       L'ing. De Biasi ci ha avvertiti di non fare troppa teoria e di pensare più all'azione. Evidentemente noi abbiamo fatto della teoria perché tutti noi apparteniamo al.mondo intellettuale e giudichiamo i fenomeni con quel distacco che è assolutamente necessario per raggiungere un sereno giudizio di merito. Però non si può dire che in questo Convegno non sia mancato anche un po' di fuoco perché, se mi è concesso di fare una osservazione personale, mi pare che tutti noi, ciascuno nel suo campo, ha una grande volontà di agire. Voglio dire che queste nostre non sono semplici divagazioni intellettuali, ma sono idee che hanno un loro vigore, in quanto in ciascuno di noi c'è una fede ed il proposito di renderla operante per combattere l'aggressione multiforme del comunismo. In definitiva noi tutti siamo coscienti che la guerra è già in corso, una guerra che è stata dichiarata oltre quarant'anni {_ e della quale noi sopportiamo l'aggressione mentre constatiamo quotidianamente che i margini della nostra sicurezza si vanno assottigliando. Il Convegno ha preso atto di ciò e del fatto che le nostre difese sono inadeguate.

Probabilmente ora conosciamo meglio la meccanica e la dinamica deIla g.r. e sappiamo che si possono apprestare difese più efficaci contro di essa, benché abbiamo tutti coscienza che questa possibilità sia soltanto potenziale. È vero che noi abbiamo parlato molto di teoria (io in modo particolare ve ne chiedo venia), ma se guardiamo in fondo allo spirito sorto da questo Convegno, dobbiamo dire che c'è qualcosa di più. Intanto constatiamo che in questa sede si sono trovate persone che nel passato hanno operato in solchi politici diversi. Vorrei soffermarmi un momento su questo dato positivo del Convegno. Esso infatti da un lato è stato onorato dalla presenza attenta ed impegnata deIl'on. Jvan Mi1tteo Lombardo, il quale è uscito daIla prigione il 25 luglio del 1943. Perché egli era all'opposizione allora, quando in Italia era molto più difficile fare opposizione di quanto sia difficile per i comunisti ora fare l'opposizione. Ma alcuni di noi, più giovani, che sono nati e vissuti nel solco del fascismo sono qui presenti e tutti, .gli uni come gli altri, siamo degli ex, che hanno un orizzonte comi.me, queIl'orizzonte che è proprio di questo Convegno. Infatti noi ci troviamo sulla stessa barricata. Probabilmente lo eravamo d'allora e non lo sapevamo. Vorrei sperare che il comunismo abbia questa capacità, di accomunare tutti gli uomini liberi e renderli compatti per combattere il pericolo che esso rappresenta. Permettetemi an_ora di sottolineare un'altra analogia fra le persone che provengono da parti diverse e che sono qui rappresentate. Quest'analogia è che, in tempi passati, molti di noi hanno scelto la causa « scomoda ». Qualcuno ha fatto l'opposizione al fascismo, quando la speranza di vincere la battaglia contro il fascismo era molto lontana e ci voleva un carattere eccezionale per mantenere la propria posizione. Altri, quando tutto era perduto, quando si sapevache la guerra era perduta, bruciando i ponti alle loro spalle, per coerenza morale hanno seguito una strada in cima alla quale sapevano che non avrebbero trovato che la tragedia. Questa analogia indica un fatto morale di cui tutti costoro debbono essere fieri. Essi non sono votati al tradimento, alla fuga, al doppio gioco. Questa lealtà di fronte a se stessi è una cosa molto preziosa per combattere la battaglia contro il comunismo. Noi oggi parliamo qui in questa sede in un momento in cui ci è consentito di godere di una pace relativa; ma la situazione può anche cambiare improvvisamente ed è una circostanza positiva il sapere che nessuno appartiene alla schiera di coloro che sono abituati a scappare. Perché è purtroppo vero che chi scappa una volta scappa sempre.

Il Convegno ha altresì raggiunto alcuni convincimenti attraverso i quali si può giungere alla conclusione che ci sono potenti mezzi spirituali, morali e tecnici per vincere la guerra che i comunisti ci hanno dichiarato. L'importante è di avere la volontà di vittoria, di non cercare un compromesso politico, un dialogo equivoco, perché il nemico è implacabile e noi dobbiamo essere implacabili come è il nostro nemico. È una lotta all'ultimo sangue ed il nostro traguardo è quello di eliminare il pericolo comunista, in qualsiasi forma. Quella che esclude la violenza ci sarebbe più gradita, ma non bisogna rifiutarsi di considerare anche l'altra forma di lotta. Perché senza essere troppo ottimisti, se venisse veramente questo momento noi potremo contare quanti veramente sono i comunisti in Italia. Forse in quel momento saranno meno numerosi di quanto noi crediamo.

Infine il Convegno ha anche svolto il suo compito di additare il pericolo che esiste nel mondo ed il pericolo che esiste in Italia dove i margini della nostra sicurezza strategica sono superati. Teniamo presente questa circostanza, che il pericolo non è decrescente ma è crescente. Ne ha accennato nel suo intervento Ivan Matteo Lombardo. Vorrei solo aggiungere, dopo quanto ho detto in proposito nella mia modesta relazione, che la situazione sta evolvendo rapidamente sospinta dai fatti. L' « escalation» che attuano gli americani nel Vietnam (un episodio della g.r. che trascende il conflitto locale) è una scala che si sale e se non si arriva alla cima non si vede chiaramente l'orizzonte. Ora l'orizzonte è molto al di là dei confini segnati dal I7° parallelo, è ancora al di là del confine tra il Vietnam del Nord e la Cina. Vale a dire che l'orizzonte deve essere globale com'è globale l'aggressione permanente del comunismo nel mondo. Molti si pongono l'interrogativo circa il punto in cui i due grandi colossi nucleari si possono fermare. Non credo che sia questo il modo corretto di porsi il problema. Infatti potrebbe anche essere inquietante se la Russia non intervenisse nel caso che 1'« escalation» americana raggiungesse gli impianti atomici cinesi. Forse si creerebbe un precedente al non intervento dell'America nel caso che la Russia aggredisse l'Europa. Perciò bisogna porsi il problema altrimenti e credo che sia il momento di dire che la g.r. impone all'Europa maggiore vigilanza, che è giunto il tempo in cui l'Unione europea non soltanto è diventata una necessità urgente ma un imperativo senza alternativa ed è giunto anche il tempo in cui in Italia i cittadini leali devono proporsi delle iniziative concrete, che promovano gruppi di autodifesa per difendere la Patria, la società italiana e se stessi da ogni evenienza.

Io ho finito e vi ringrazio.

Documento conclusivo

 Il I° Convegno di studi promosso dall'Istituto «Alberto Pollio» e tenutosi nei giorni 3, 4 e 5 maggio del 1965 all'Hotel Parco (lei Principi in Roma, alla chiusura del dibattito' protrattosi per i primi due giorni, ha nominato una Commisisone, la quale, riunitasi il 5 maggio nella stessa sede, ha steso il presente documento conclusivo.

Il I° Convegno di studi promosso dall'Istituto «Pollio » ha esaminato dal punto di vista storico, dottrinario ed esecutivo, nel quadro della situazione attuale del mondo, il problema posto dalla guerra rivoluzionaria che conducono i comunisti.

Il Convegno ha avvertito che la guerra rivoluzionaria, cosi chiamata dai comunisti in ordine ai fini che essi perseguono, è stata dai comunisti stessi perfezionata per la conquista del mondo ed ha parimenti riconosciuto che per mezzo della guerra rivoluzionaria il comunismo ha ottenuto successi sostanziali allargando enormemente l'area del suo dominio e della sua influenza.              .

Il Convegno, fissando la sua attenzione sui precedenti storici e sulla dottrina della guerra rivoluzionaria, ne ha enucleato le principali caratteristiche: la guerra rivoluzionaria è un'espressione di marca comunista; il suo scopo finale è la rivoluzione e non la pace, essa comprende tutte le altre forme di conflitto e può assumere sia il carattere di un conflitto convenzionale limitato o totale, sia più frequentemente il carattere di guerra sovversiva; impiega tecniche e procedimenti vari e spietati che non tengono alcun conto dei valori dell'individuo, della libertà e della giustizia; tali tecniche e procedimenti rispondono a criteri scientifici ed hanno un peso determinante nella condotta delle operazioni; l'obbiettivo della guerra rivoluzionaria è di catturare l'uomo, di distruggerne la coscienza, di asservirlo ad una ;i_e6logia e di degradarlo ad un semplice strumento;. cosciente >0 incosciente, della rivoluzione comunista; l'infiltrazione ideologica e politica, ottenuta con l'ausilio delle tecniche e dei procedimenti spregiudicati e vari, ha un'importanza maggiore dell'apparato militare la strategia della guerra rivoluzionaria è ispirata da un concetto totale e globale e si applica perciò a tutti i livelli ed in tutti 'i campi, cioè è strategia politica, militare, culturale, psicologica, economica, diplomatica, propagandistica; nei confronti del mondo libero la guerra rivoluzionaria ha carattere permanentemente offensivo; la sua condotta richiede una coesione completa delle dècisioni e delle operazioni a tutti i livelli, con il controllo dell'uomo in tutte le sue manifestazioni; l'aggressione, indiretta o diretta, va collocata in un contesto politico mondiale; la guerra rivoluzionaria trova la sua piattaforma ed il suo alimento nei grandi centri del comunismo mondiale coadiuvati dai paesi satelliti e dai partiti comunisti di tutto il mondo.

Durante i lavori sono state ampiamente documentate e poste sotto l'esame critico le operazioni della guerra rivoluzionaria finora condotte o in corso, come è stato messo chiaramente in luce 'il rigoroso impiego delle tecniche e dei procedimenti relativi.

Partendo da queste constatazioni il Convegno è stato unanime nel riconoscere che il mondo attuale si trova in stato di guerra permanente e che la guerra rivoluzionaria ha introdotto la guerra nei rapporti internazionali su scala planetaria. Da questo punto di vista si è anche espresso il concetto che la terza guerra mondiale è in atto, anche se appare di debole intensità militare.

Nel corso dei lavori del Convegno si è pure constatato che il mondo libero corre un pericolo mortale e che l'area. della, sua influenza si sta riducendo; e, volgendo lo sguardo all'Europa, si è anche rilevato che in Italia l'infiltrazione comunista ha raggiunto proporzioni allarmanti ed incidenti in modo grave sulla sicurezza dello Stato.

La questione della risposta alla guerra rivoluzionaria è scaturita naturalmente dalle precedenti considerazioni e" su di "essa il Convegno si è soffermato in forma più problematica che esauriente.

Si è riconosciuto che la locuzione guerra rivoluzionaria corrisponde perfettamente ai fini che si propone il comunismo, ma non corrisponde al fini dell'occidente libero, che preferisce chiamarla guerra non-ortodossa, malgrado che questa espressione sia ritenuta insoddisfacente.

Cosi si è posto il problema drammatico circa il modo di condurre una risposta efficace contro la guerra rivoluzionaria nel quadro del contrasto che esiste tra i metodi di lotta adottati dalla stessa guerra rivoluzionaria e la concezione morale della vita civile che è propria del mondo libero e del mondo cristiano in particolare.

Comunque il Convegno, prendendo atto da un lato dell'aggressione permanente comunista, ha dall'altro lato constatato che, per effetto concorrente dello sviluppo tecnologico, dell'esistenza dell'armamento nucleare, del mutamento della società, il fenomeno guerra ha cambiato aspetto e che occorre riconoscere che oggi la guerra presenta un volto nuovo ed inconsueto.

Di conseguenza, al fine di trovare una corretta risposta occorre procedere ad un distaccato esame della guerra rivoluzionaria comunista per spogliarla del suo contenuto ideologico, politico e, sotto certi aspetti, religioso, per riportarla nell'ambito naturale.

Di qui scaturisce anche la necessità di conferire all'apparato militare occidentale un ordinamento adatto a questo nuovo tipo di conflitto ed in questo senso, per quanto riguarda l'Italia, si è fatto cenno ad un aggiornamento organizzativo delle nostre Forze armate.

Il Convegno ha tuttavia riconosciuto che l'esame della risposta occidentale alla guerra rivoluzionaria è stata appena sfiorata ed ha auspicato che, a ragionevole breve scadenza, venga promosso un secondo incontro che abbia appunto per tema: «La risposta occidentale alla guerra rivoluzionaria ».                .

La proposta ha riscosso l'adesione dell'Istituto « Pollio ».

Alla conclusione dei lavori il Convegno ha anche nominato una commissione permanente di studio, la quale, opportunamente articolata, assisterà l'Istituto «Pollio» nelle sue iniziative.

BIBLIOGRAFIA >>